Lo Spirito

Possiamo impegnarci in molti tipi di servizio sociale e credere fermamente di fare bene secondo le nostre possibilità, senza però deviare di un centimetro dai nostri occulti interessi personali. Spesso gli impeti di generosità e molte delle attività rivolte al volontariato, e al prossimo in generale, risultano essere modelli inconsci di compensazione dei vuoti vissuti dalla personalità.
In assenza di consapevolezza, non è possibile cominciare un’autentica azione di sevizio verso il prossimo perché non si è ancora rinunciato alle motivazioni egoiche che ne alimentano il desiderio e l’azione. Il vero dono di sé dovrebbe essere tanto incondizionato quanto intenso da far abbandonare qualsiasi aspettativa di visibilità e di ricompensa personale.
Se siamo motivati dal desiderio di farci spazio nella società per meglio conformarci e servire il potere dell’apparire, non avremo né la chiarezza necessaria per una giusta azione né la bruciante passione indispensabile per seguire uno Scopo superiore.
Se manca la semplice consapevolezza della Vita e la chiara percezione del significato dell’Esistenza Umana, i nostri contributi personali non possono raggiungere le radici ontologiche del conflitto umano, sia esso trasposto in ambito personale che in quello sociale e collettivo.
Il Servizio richiede un atto di responsabilità e di onestà innanzitutto verso se stessi; esercitare un netto distacco dal frutto delle azioni e dai possibili risultati bramati dall’uomo ordinario è cosa ardua e improbabile.
La filantropia in generale è sempre determinata da un impulso della struttura egoica personale, votata per bontà cristiana a dedicarsi al prossimo; nella maggior parte dei casi, piccoli benefattori o grandi filantropi non conoscono quale sia il vero senso della propria inclinazione; gli slanci di idealizzato altruismo rivelano quasi sempre vuoti, compensazioni e meri interessi personali.
Si seguono mode e tendenze, si muta centro d’interesse secondo i dettami e i modelli del momento imposti dalla morale familiare, dalla religione o dalla società, lasciandosi in ogni caso suggestionare e guidare da sottili paure e ambizioni personali scambiate per utilità collettiva e azioni caritatevoli.
Oggi, le nuove schiere di filantropi si sono irte a salvatori delle “masse”, le stesse masse confuse e sofferenti che invocano la normalità chiedendo soluzione ai loro dilemmi; nel buon cuore e nella generosità di questi nuovi idoli si sono riposti la speranza e il futuro di intere razze.
Eppure, vogliamo evidenziare che il Servizio disinteressato non può nascere da una logica sociale del taglione asservita alla nuova tecno-scienza, figlia di numeri e statistiche che non prevedono l’imprevedibilità della vita; e nemmeno può nascere dalla bontà sentimentale dettata da una falsa sensibilità per la cura e la salvezza dei più deboli.
Chi si dedica alla pratica del Servire è al servizio dell’opera Divina; costui non manca di nulla, non avendo necessità alcuna di apparire per essere; egli è ciò che fa, e ciò che fa, è ciò in cui crede.
L’uomo ordinario quando carente e deficiente in Essenza, è preda dell’egotismo perché pensa e vede solo se stesso.
Chi serve il prossimo in modo impersonale serve se stesso e la Vita, giacché realizza semplicemente che il mondo è se stesso.

I servitori della vita sono al servizio dell’Infinito; essi sanno di non sapere, semplicemente credono.

 

La Compagnia d’Altrove

 

 

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