Ti voglio o… ti voglio Bene?

Volersi bene significa conoscere in cosa consiste il proprio bene ed essere capaci di perseguirlo. Per mettere in pratica il nostro bene sono necessari discernimento e Purezza d’intenti, per poi dirigere in modo focalizzato la Volontà e la Forza verso ciò che in noi risuona autentico e utile.

Ora è chiaro che il proprio bene è tanto più grande quando si avvicina al Bene in sé: e se questo Bene in sé coincide col Divino che in noi soggiace, allora il nostro massimo bene coincide con il comprenderlo, accoglierlo, onorarlo e ringraziarlo. Questo semplice atto ci permette di ricollegarci alla fonte inesauribile della nostra Essenza.
Non c’è bene più grande nella vita dell’uomo che poter rendere le proprie impossibilità delle opportunità: tutti gli altri beni a confronto sono solo pallidi riflessi, che nel tempo si rivelano sempre visioni ingannevoli.

Oggi nel mondo si esprime giusto un lieve impulso verso la Realtà delle cose, e non vi è una concreta tensione verso il Bene, dunque non può esserci concreta realizzazione di quanto è essenziale nella natura umana. La tensione dell’uomo verso il Divino non è qualcosa di accessorio e di complementare alla natura umana, non è qualcosa di facoltativo che si possa aggiungere a tutto il resto, semmai restassero il tempo e la voglia di farlo. L’apertura al Divino è al contrario l’atto fondante dell’individuo in quanto tale, il riconoscimento del suo status ontologico, e nello stesso tempo la garanzia della sua possibile realizzazione, della sua possibile felicità di Essere ciò che è.

Hermes

Tratto da La Sacra Realtà – Atto II: L’Avvento dell’Uomo N-Uovo (Sei Altrove Edizioni), dove potete leggere il brano integrale, dal titolo “La Temperanza – Moderazione e Temperamento” (pag. 51-52)
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