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Quando l’individuo comincia a essere davvero cosxiente di non essere padrone della sua vita, inizia a considerare le varie strade possibili per tentare di risvegliarsi alla Realtà. Solitamente un uomo che cerca di riconnettersi al proprio Essere, quantunque aperto di vedute, colto e intelligente, si trova in un altro mondo regolato da leggi altre (interiori e non più esteriori) che richiedono un certo grado di resilienza, recettività acuta e grande disponibilità a sperimentare ciò che è ignoto all’io ordinario.
Il punto di partenza per ognuno è dunque la presa di cosxienza della condizione illusoria nella quale versa, innanzitutto perché, non contemplando lo stato di sonno e di schiavitù psichica in cui ci si dimena, ci si crede liberi, e perché, anche quando si inizia a percepire l’inganno, non avendo sviluppato un contatto interiore stabile, ancora non si possiedono strumenti adeguati per il necessario “orientamento” interiore.
Oggi la massa è fascinata dalle alternative “veloci e semplici”, molto in voga attraverso innumerevoli pratiche magiche e pseudo esoteriche che, nonostante l’offerta di eccellenti master e corsi intensivi, non producono mai l’agognata realizzazione interiore, anzi, molto spesso quello che si ottiene è una conoscenza frammentata e parziale di sé e dei Principi universali, che non solo rafforza l’egemonia mentale a discapito dello sviluppo animico, ma genera stati di sonno bene articolati e molto più “istruiti”.
Ma allora, come essere certi di fare un vero Lavoro su di sé e non prede di una compensazione illusoria?
La Via per il Risveglio che meglio si adatta al periodo storico è semplice da riconoscere; è data dallo sforzo cosxiente, dalla sofferenza volontaria e dall’arte della rinuncia.
Lo sforzo cosxiente è Attenzione, Presenza e Portamento consapevoli; questo è il Ricordo di sé. La sofferenza volontaria è invece l’abbandono consapevole delle proprie certezze (credenze), delle proprie opinioni (punti di vista), della affermazione meccanica di se stessi (orgoglio), del desiderio di rassicurazione (rabbia-paura), del conforto intellettuale del proprio senso assolutista dell’io con le sue aspettative e pretese infantili (conformismo socio culturale).
All’inizio, l’importante è accettare che questo Lavoro richiede una lotta interiore consapevole per apprendere e specializzarsi come separare il “grano dal loglio”.
Lo sforzo esclusivo, prima proiettato a cambiare gli altri e il mondo esteriore per essere conformato alla massa, è ora focalizzato esclusivamente dentro di sé; in assenza di questa comprensione, senza una volontà dinamica e un’aspirazione indefessa, si passa l’intera vita alla ricerca di una pseudo conoscenza che di certo produrrà dei cambiamenti, ma non vi sarà mai una reale trasformazione interiore.
Cambiare non è affatto trasformare; trasformarsi è solo il morire a ciò che non si è per rinascere a ciò che già si è.
Con la pratica si può imparare come non identificarsi con le proprie reazioni interiori e di riflesso non recitare un stucchevole ruolo all’esterno; la reazione automatica, come risposta abitudinaria, è il limite da superare e rendere risorsa. Senza essere forti all’esterno (padronanza, accettazione, affermazione e stima di sé), è impossibile essere forti dentro (amare ciò che si è), e viceversa.
Ogni ruolo che l’uomo interpreta recitando una parte, è una sorta di croce a cui bisogna essere inchiodati per imparare ad essere attenti con soluzione di continuità; è come essere fissati in una cornice che rappresenta il proprio limite, e questo limite nel Lavoro non è qualcosa da evitare, ma diventa il materiale virtuoso e sacro su cui operare la trasformazione.
La crisi come scelta è in fondo sofferenza volontaria, in altri termini è arrendersi a ciò che è e dunque è l’essere cosxientemente partecipi alla Realtà del proprio Essere; che infine si realizza che è tutto ciò che è.
Fratello, che il tuo scopo sia ben distinto nella Mente e vivificato nel Cuore.
Tu che aneli alla Libertà, non distrarti, ricordati di Te adesso, non dimenticarlo mai.
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Hermes